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Questa scena mitologica, realizzata dal figlio "naturale" di Agostino nei primi anni romani (1602-1605), è forse una di quelle opere eseguite "per studio", da cui emerge sia la meditazione sulla pittura antica, sia il costante riferimento alle invenzioni di Annibale Carracci negli affreschi della Galleria Farnese.
Costituiva una coppia con il Trionfo di Galatea.