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La Pinacoteca Nazionale di Bologna nasce nel 1808 come quadreria dell’Accademia di Belle Arti, l’istituto d’istruzione sorto dalle ceneri della settecentesca Accademia Clementina. L’antico nucleo, proveniente dall’Istituto delle Scienze, fu in seguito arricchito dalla straordinaria raccolta di quasi mille dipinti frutto delle soppressioni di chiese e conventi compiute dopo l’ingresso delle truppe napoleoniche a Bologna, tra il 1797 e il 1810, e nuovamente a seguito delle soppressioni del 1866 attuate dal nuovo stato italiano.

Nella sede distaccata di Palazzo Pepoli Campogrande è possibile ammirare le sale splendidamente affrescate dai principali protagonisti della grande decorazione bolognese tra la seconda metà del Seicento e gli inizi del secolo successivo: il Salone d’onore con la trionfale Apoteosi di Ercole di Canuti, la Sala di Felsina con le pitture composte e aggraziate dei fratelli Rolli, le sale delle Stagioni e dell’Olimpo, dove l’irriverente Giuseppe Maria Crespi contamina la decorazione celebrativa con i modi della pittura di genere, l’elegante classicismo della Sala di Alessandro di Donato Creti. Gli ambienti del piano nobile di Palazzo Pepoli Campogrande ospitano alle pareti alcuni dipinti della quadreria Zambeccari, la ricca collezione destinata alla pubblica fruizione a fine Settecento dal marchese Giacomo Zambeccari ed entrata a far parte delle raccolte della Pinacoteca nel 1884. 

Avviso per i visitatori

Dall’1 luglio 2024 Palazzo Pepoli Campogrande è chiuso al pubblico per lavori di ristrutturazione e adeguamento tipologico funzionale. La riapertura è prevista per la primavera 2026.

Notice to visitors

As of 1 July 2024 Palazzo Pepoli Campogrande is closed to the public for renovation and function-related upgrading. It is scheduled to reopen in spring of 2026. 

Il dipinto, entrato in Pinacoteca dopo le soppressioni napoleoniche, proviene dal Convento di Sant'Omobono in Strà S.Stefano, dove era collocato probabilmente in un luogo non accessibile ai fedeli, dato che non è ricordato in nessuna guida.
L'iconografia rimanda comunque all'ordine Servita per la presenza di S.Filippo Benizzi - l'ultimo a destra - caratterizzato dalla tiara abbandonata a terra, che simboleggia l'episodio della rinuncia alla candidatura a Pontefice.

Opera caratterizzata da una severità rappresentativa e da una semplificazione iconografica in chiave neoprospettica, atte ad agevolare una lettura devota; questo secondo il costante indirizzo del Cesi, che si accentua in questi anni all'aprirsi del Seicento.
Un'altra versione del tema, documentata nel 1600, si trova in Santa Maria della Pietà dei Mendicanti.

Si tratta della tavola centrale delle tre eseguite da Vasari durante il suo soggiorno bolognese del 1539-1540, nell'ambito dei lavori per i padri olivetani di San Michele in Bosco.
La Cena di Papa Gregorio è esposta in Pinacoteca mentre Abramo nella valle di Mambro è dispersa.
Forte è qui l'interesse per l'ambientazione architettonica costruita in moda da aumentare illusoriamente lo spazio del refettorio.

Proveniente dalla chiesa di San Leonardo alle Carceri, dove è segnalato dal Masini, questo dipinto risulta costruito con equilibrio dalle tre figure in primo piano che scandiscono ritmicamente lo spazio e lo conchiudono con gesti simmetrici e pose che solo suggeriscono un'idea di movimento.
Sia questo senso della misura che l'anatomia dei corpi richiamano modelli classici, e portano a datare l'opera intorno al 1575, subito dopo il ritorno a Roma, dove l'artista si era calato con impegno profondo nello studio sia dell'antico che della grande pittura cinquecentesca.

Nel quadro la pittrice inventa una iconografia del tutto nuova, rappresentando un'età  umana, gli albori della vita, prima ignorata.
Nell'immagine, pur vincolata alla rigorosa etichetta della ritrattistica internazionale, emerge quel 'sentimento dell'infanzia' che lentamente si fa strada evocando quei tempi lenti, appartati e silenziosi di un mondo infantile ancora privo di una sua storia.

La pala fu dipinta per la chiesa ora distrutta di Santa Maria degli Angeli in via Nosadella che, annessa ad un piccolo convento di clausura, fu inaugurata nel 1570.
I quadri che decoravano il suo interno furono affidati ad alcuni dei pittori bolognesi più noti al momento tra i quali Sabatini, che mostra in questa pala una capacità di controllo compositivo e spaziale mai raggiunto in altre sue opere.