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Il dipinto venne commissionato dal segretario della Compagnia del Santissimo Sacramento per un piccolo ambiente collegato alla chiesa di San Giorgio in Poggiale, utilizzato per l’educazione dottrinale dei giovani, citato nei documenti come “stanza degli incontri”. Questa specifica destinazione spiega i caratteri di quest’opera, in cui al racconto evangelico si intreccia un preciso intento didattico.
Ludovico Carracci, uno dei protagonisti di quella riforma pittorica che a fine Cinquecento mise fine al sofisticato stile manierista, si dimostra così in sintonia con le indicazioni che il cardinale Gabriele Paleotti aveva raccolto nel suo “Discorso intorno alle immagini sacre e profane” del 1582: in linea con i dettami della Controriforma elaborati dopo il Concilio di Trento, raccomandava agli artisti di realizzare opere che fossero comprensibili a tutti.
Per questa pala d’altare, eseguita nel 1584, Ludovico utilizza una rigorosa prospettiva centrale, con le linee del pavimento a griglia in cotto e pietra grigia che convergono verso un unico punto di fuga, ricostruendo quella che poteva essere la stanza di una qualsiasi adolescente in una casa popolare di fine Cinquecento.
I modesti arredi sono quelli più diffusi nelle case bolognesi dell’epoca, come lo scarno armadietto a due ante che si intravede in fondo nella penombra, il letto sulla destra.
Maria, vestita con un accollato ed umile abito, ornato solamente dalla cintura, è impegnata nella lettura di un piccolo libro di preghiere, quando viene interrotta dall’angelo che le consegna un giglio.
Alle loro spalle una folata di vento apre la finestra, dalla quale entra la colomba dello Spirito Santo.
Qui il sacro non è più l'evento straordinario rappresentato nella pittura manierista, ma diviene esperienza tangibile e familiare, tanto vicina che sul fondo, oltre la finestra appare, sbiadita ma rassicurante, la città di Bologna con le sue due torri.
Significativo è anche il modo di rappresentare il racconto dei vangeli, con la Vergine e l’Angelo raffigurati come due umili fanciulli che sembrano appartenere allo stesso ceto sociale dei ragazzi che frequentano la stanza della Confraternita.
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