Palazzo Pepoli Campogrande
Dall’1 luglio 2024 Palazzo Pepoli Campogrande è chiuso al pubblico per lavori di ristrutturazione e adeguamento tipologico funzionale. La riapertura è prevista per la primavera 2026.
Sede distaccata della Pinacoteca Nazionale, è noto anche con il nome di Palazzo Pepoli “Nuovo”, per distinguerlo dal “Vecchio”, la dimora trecentesca della famiglia Pepoli collocata sul lato opposto di via Castiglione. Costruito a partire dagli anni sessanta del XVII secolo per volere di Odoardo Pepoli, il nuovo palazzo fu pensato come una residenza signorile, moderna e sfarzosa, adeguata a rappresentare il prestigio sociale raggiunto dai Pepoli che, prima commercianti di stoffe e in seguito cambiavalute e banchieri, si erano notevolmente arricchiti fino a diventare una delle famiglie senatorie più in vista di Bologna.
La costruzione del palazzo, di cui non è noto il nome del progettista, iniziò dal monumentale scalone, imponente ed elegante, spazio scenografico funzionale al cerimoniale che caratterizzava la società aristocratica barocca e che collega direttamente il cortile al salone d’onore. Sulla volta dello scalone, all’interno di ricche cornici di stucco, si possono ammirare i due ovali affrescati da Domenico Maria Canuti nel 1665 che raffigurano Taddeo Pepoli nominato signore di Bologna e Taddeo Pepoli confermato vicario apostolico dal papa.
Il piano nobile ospita una serie di sale splendidamente affrescate dai principali protagonisti della grande decorazione bolognese tra la seconda metà del Seicento e gli inizi del secolo successivo: si va dal Salone d’onore con la trionfale Apoteosi di Ercole di Canuti, alla Sala di Felsina, con le pitture composte e aggraziate dei fratelli Rolli; dalle sale delle Stagioni e dell’Olimpo, dove l’irriverente Giuseppe Maria Crespi contamina la decorazione celebrativa con i modi della pittura di genere, all’elegante classicismo della Sala di Alessandro di Donato Creti.
Gli ambienti del piano nobile ospitano alle pareti alcuni dipinti della quadreria Zambeccari, la ricca collezione destinata alla pubblica fruizione a fine Settecento dal marchese Giacomo Zambeccari ed entrata a far parte delle raccolte della Pinacoteca nel 1884.
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